Il dieci agosto, il fatale giorno dell’assassinio del padre, costituisce l’epicentro emotivo della poesia pascoliana, e non per motivi sentimentali, di pietas filiale, sempre esibiti dal poeta e accreditati dalla critica, ma perché il figlio si è sentito colpevole di quella morte avendola inconsciamente desiderata, così da fare della sua esistenza un itinerario penitenziale e della sua opera un monumento per il padre e, insieme, contro il padre. Un punto di vista tanto drastico ha la natura di un pregiudizio e si giustifica soltanto se capace di dare risultati interpretativi efficaci. E questa è la scommessa che il volume affronta.