Un libro dell’essenza, e dell’inessenza. 1916, primavera: Lili e Max Weber viaggiano verso la Prussia orientale. Tannenberg è la loro meta. La grande battaglia dell’agosto 1914 ha lasciato sul campo migliaia di morti, russi, anche tedeschi. Lili e Max vanno alla ricerca del luogo ignoto dove è sepolto il soldato Hermann Schäfer, marito di Lili, cognato di Max.
Durante il percorso, segnato da eventi reali e virtuali, visibili e invisibili, i due fratelli interrogano silenziosamente se stessi mentre un punto compare infine all’orizzonte dalle foschie di una memoria già consunta, un frammento di spazio-tempo solo parzialmente definito, dove qualcuno riposa lontano ormai dal mondo, ma non da tutti i mondi possibili.
La dialettica, fondamentalmente tragica, della vita sorpassa la vita. E, nella sua ambiguità, la storia si compie e non si compie; il passaggio dai fatti agli indizi, dalla prova alla probabilità è colmato da un’esperienza congetturale fondata su una precisa conoscenza biografica, filologica e psicologica dei personaggi, e su una ricerca documentaria del tutto inedita, condotta su un territorio reso remoto dalla mole degli accadimenti successivi. Non è prevista la verifica dell’ipotesi, non è urgente il ritorno dall’allegoria. L’esercizio è rinviato e l’enigma continua. D’altronde, si tratta quasi della vigilia del congedo; la scomparsa di Lili e Max Weber avviene solo quattro anni dopo, nel 1920.