Il termine “romanico” all’inizio del 1800 venne dato per indicare l’attività costruttiva medievale dell’XI e XII secolo. Si intendeva richiamare la sapienza costruttiva dei Romani di fronte alle imponenti cattedrali ottoniane realizzate intorno all’anno Mille e alla straordinaria armonia costruttiva dei due secoli seguenti. Egualmente, “romanico” ci riporta alla vernacolarità e diversità delle lingue romanze e, riferito all’architettura, alla scultura e alla pittura, ci indica la straordinaria creatività e inventiva di due secoli in cui ravvisiamo una comunanza di linguaggio in una versatilità di espressioni.
Il periodo che chiamiamo romanico parte dall’epoca degli Ottoni, vede la rinascita delle grandi basiliche, lo sviluppo del movimento cluniacense, sino ai nuovi orizzonti aperti da Sugero per un lato e dal monachesimo cistercense per l’altro. Si tratta del primo grande movimento artistico che ci fa ravvisare l’Europa come – per rubare il termine che usò Obolensky per Bisanzio – un commonwealth estetico che abbraccia la Penisola Iberica, la Penisola Italiana, la Germania, la Svizzera e l’Austria, la Francia, le Isole Britanniche, parte della Scandinavia e dell’Europa orientale.
L’antropologia religiosa cristiana, innervata dai movimenti monastici e dalle riforme ecclesiastiche, si esprime nel romanico con una forte tendenza a dare forme visive, realistiche ed espressioniste, al mistero e alla storia sacra, di cui committenti, costruttori e artisti si sentono partecipi.
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