Se in Aké Wole Soyinka aveva ripercorso gli anni della sua infanzia, in Isarà (1989) - secondo volume delle memorie dello scrittore nigeriano - egli rievoca un periodo della vita del padre e gli anni di formazione della società nigeriana.
In un linguaggio sobrio e luminoso Soyinka fa rivivere un luogo, I’sarà – il villaggio di pietra rossa scavato nei fianchi della collina e perennemente animato dalle mascherate, dalle celebrazioni di riti pubblici e privati, dalle lotte per il potere e per affermare l’identità dell’individuo e di un popolo – e un ambiente, quello della cerchia ristretta di 'ex-Ilés', gli amici del padre, gli intellettuali che la diaspora degli anni Trenta ha cacciato negli angoli più remoti del Paese. Spinto dal bisogno di ricostruire, oltre alla storia delle persone amate, la Storia di una cultura e di un popolo, Soyinka alterna reminiscenze bibliche e miti yoruba, aneddoti di vita contadina e vita di città, magia e storia, offrendoci un mirabile affresco dell’ambiente in cui sono cresciuti i Nigeriani della generazione precedente la sua. Un ambiente dove la colonizzazione britannica e la cristianizzazione sempre più diffusa devono fare i conti con un popolo e una tradizione in cui divinità yoruba e santi cristiani convivono fianco a fianco e di cui Soyinka riesce a cogliere non solo lo spirito del tempo, bensì soprattutto le emozioni profonde che quello spirito alimentano.