Una vena fresca e sorgiva alimenta questo secondo volume di poesia di Cristina Dotto. Un dettato volutamente semplice, ispirato da una naturale capacità di seguire il ritmo della natura, la felicità del paesaggio, l’elementare gioco di luci e ombre sul palcoscenico del mondo. Un mondo di esterni, piccole località, o interni densi di intimità, una scena da cui è assente il groviglio metropolitano, la grande città che ispira da un secolo e mezzo l’idea stessa di paesaggio poetico, con consapevoli eccezioni. Non a caso di ascendenza ligure.
In tal senso la poesia della ligure Cristina Dotto narra un viaggio di immagini di luoghi immersi nella natura e nell’aria, mentre il rovello, il dramma, non hanno luogo per le vie urbane, ma nel chiuso di interni pervasi di una luce dolce, impregnata di ineffabile nostalgia. Ecco quindi che il romanzo d’amore, uno dei motivi del libro, diviene metafora della ricerca in assoluto, della conoscenza timorosa del vuoto e della solitudine: «Sono perse nel cielo le stelle/ e l’ultima ragione ha disgelato/ l’arcano amaro vuoto della vita»
Roberto Mussapi