Commento: |
Una delle fondamentali raccolte poetiche dell'ultimo novecento italiano Pubblicato nello Specchio di Mondadori nel 1990, Gita Meridiana si rivelava subito uno dei libri che cambiavano la poesia italiana del secondo Novecento. La critica segnalava il ritorno della realtà, in una dimensione metafisica, e la conquista di una nuova dicibilità, il ritorno dell’epica e del racconto all’interno di una poesia potentemente visionaria. Con quel libro, scriverà Yves Bonnefoy in un lungo saggio apparso per Gallimard, Mussapi si inscriveva nella linea portante della poesia europea contemporanea, da Rilke a Yeats, a Seamous Heaney. Esaurito da anni, oggetto di studi, tesi di laurea, pubblicazioni, torna in libreria il libro che rilancia nella poesia occidentale il viaggio metafisico, di ascendenza dantesca, con la postfazione di Francesco Napoli, critico e storico di massimo rilievo. Il libro prende il titolo da un breve poema, Gita Meridiana, ispirato alla scoperta della tomba del Giovane Principe ad opera del paleontologo Giacomo Giacobini, avvenuta a metà degli anni Ottanta, vicino
alla Grotta delle Fate. L’opera è ambientata negli anni Ottanta, in cui è scritta, in Liguria: prima dall’autostrada corrente lungo il mare, col sottofondo delle automobili che attraversano il buio delle gallerie, poi, in una sorta di rapimento meridiano, l’incanto di una sosta in cui l’unico suono è il gracidìo dell’autoradio, e l’improvvisa visione della grotta e del principe sepolto. Con Gita Meridiana la preistoria entra nella mitologia della poesia occidentale. Un altro breve poema costituisce l’asse portante del libro, "Il Cimitero dei Partigiani", viaggio metafisico che è anche considerato uno dei capolavori letterari sul mito della Resistenza. Il viaggio all’Ade del poeta, la discesa agli Inferi, il dialogo con le ombre dei giovani partigiani morti per la nostra libertà rappresentano al massimo grado di pietas il percorso di Gita Meridiana alle fonti dell’esperienza poetica come sintesi bruciante di visione e compassione. Il nucleo forte e sanguinante di un compatto libro di epifanie: la donna maga e salvifica inaugurante il viaggio e l’opera, «i morti risorti nell’eterno splendore », l’immedesimazione del poeta nel fiore sbocciante e negli umani dormienti rapiti in sogno, l’apparizione dell’immagine in teatro o nello schermo del televisore, il passaggio del testimone dal padre al figlio, l’albero che cresce con gli anni affratellato al poeta, il brivido della soglia, fino all’iniziazione poetica, la scoperta della drammatica compresenza dell’uomo e del mondo: «Ciò che cercavi è al fondo,/ oltre di te, te stesso». |